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Torino, nuova occupazione di profughi e migranti!
migranti

Dopo l’esperienza dello scorso anno di via Bologna, quest’oggi arriva una nuova occupazione ad opera di profughi e migranti della città di Torino. I migranti si riappropriano di uno stabile in corso Peschiera, stretti dall’esigenza di trovare una soluzione alle loro condizioni di vita ma anche di conquistare visibilità in città.

Questo pomeriggio, intorno alle 17, una nuova occupazione dei profughi e migranti si è data in corso Peschiera, vicino piazza Sabotino. Un’occupazione data dalle necessità di trovare una soluzione alla precarietà e alle non risposte nelle quali le istituzioni li costringono. Una condizione di invisibili che i migranti vogliono capovolgere, conquistando visibilità nello spazio pubblico cittadino e rivolgendo le loro istanze alle istituzioni preposte.

Un’occupazione che arriva dopo le mobilitazioni che si sono date negli anni scorsi nella metropoli, che segue l’esperienza positiva e tuttora assolutamente attiva e funzionante di via Bologna. Esperienze che hanno strenuamente cercato ed ottenuto delle risposte (parziali ma importanti) da parte di chi ha il dovere di prendersi carico di questi problemi, il Comune di Torino in primis. L’azione di quest’oggi dimostra comunque come la questione sia più che mai aperta, come le risposte tardino ad arrivare rispetto ad un problema che cercano, oggi, ancora una volta, di arginare i migranti stesso, dal basso, organizzandosi e prendendosi quello che gli viene negato, come il diritto ad un tetto.

Anche questa volta, come successo in passato, è stato il Comitato in solidarietà con profughi e migranti, all’interno del quale sono presenti i centri sociali Askatasuna, Gabrio, Gruppo Migranti e individualità sensibili, a dare una mano agli immigrati che hanno posto loro il problema, vista anche l’ottima esperienza di via Bologna.

Chiara la prima richiesta che arriva da corso Peschiera: le istituzioni, Comune di Torino Regione Piemonte o Provincia di Torino, si facciano carico della questione, del problema, acquistando lo stabile già in mano del curatore fallimentare e che quindi, per questo, sarebbe una soluzione di non complicata risoluzione. Quel che si chiede è un’assunzione di responsabilità da parte di istituzioni che avrebbero il dovere di non lasciare nell’ombra e nella marginalità sociale chi è arrivato in città scappando da guerre e carestie, cercando di ricostruirsi una vita.

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